Cenni storici su Dasà
Storia di Dasà *
Dasà è uno fra i 50 Comuni della provincia di Vibo Valentia. E’ situato in una conca lussureggiante, d’annosi olivi, sulla sponda sinistra del torrente Petriano.
Confina con i Comuni di Acquaro (gli abitati dei due Comuni sono pressoché uniti adesso), Arena, Dinami e Gerocarne.
Il nome Dasà deriva dal termine in lingua greca dάσος ( leggi dàsos) che si parlò fino alla metà del XVI secolo, il cui significato è: luogo selvoso, boscoso. Il suo territorio e’ di 6.19 Kmq e si trova a 263 metri sul livello del mare (1) . L’abitato sorse nel XV secolo (il paese di Dasà è riportato per la prima volta in un documento aragonese del 5 luglio 1466) (2) attorno al Monastero Basiliano di San Lorenzo, posto alla distanza di circa 250 metri e separato dal torrente Petriano.
San Lorenzo è il Parco Delle Rimembranze dei Comuni del mandamento di Arena. Qui vi sono ad abbellire il Parco, (recentemente ultimato dagli Operai Idraulico-Forestali), numerosi ulivi, quattro maestosi pini secolari ed a memoria degli uomini, (in ricordo dei caduti) quattro cannoni tolti ai nemici nella prima guerra mondiale.
Dasà fu uno dei Casali del feudo di Arena , (dal cui attuale Comune dista circa 3 km) con il maggior numero di fuochi (famiglie) 128, tenute prima dai Concublet e poi dai Caracciolo.
L’antico feudo di Arena (“Lo Stato di Arena”), esercitava la giurisdizione sugli abitati di: Acquaro, Dasà, Limpidi, Ciano, Gerocarne e sui Casali scomparsi di: Bracciara, Pronìa, Semiatoni, Potamìa e Miglianò.
I terremoti del 1783 e del 1905 causarono enormi rovine in Calabria e notevoli distruzioni pure in Dasà.
Il terremoto del 1783, fu cantato in versi dal notaio e poeta Pier Giovanni Salimbeni nella sua opera piu’ importante “Il Rabbbino ovvero Li tremuoti di Calabria“, pubblicato a Napoli nel 1789 (la seconda edizione riveduta e corretta in XIV canti – la prima e’ del 1786). L’autore Salimbeni e le sue opere sono state recentemente oggetto di studi e dibattito da parte di intellettuali e studiosi meridionali della provincia di Vibo Valentia.
L’ordinamento amministrativo disposto dai francesi per legge 19-01-1807, faceva di Dasà un luogo, cioè Università, nel governo di Soriano.
Il riordino del 1811 lo assegnò al circondario di Arena.
Pier Giovanni Salimbeni
Per quanto riguarda Pier Giovanni Salimbeni, ricordiamo il libro (una raccolta di saggi) del letterato dasaese Francesco Romanò, Domestici Lari, pubblicato nel 1998, in cui si precisano le origini in Limpidi (frazione di Acquaro), nel 1721 e non in Limbadi (come erroneamente riportato da Vito Capialbi e dai successivi scrittori, che dalle sue opere hanno attinto le fonti), che ha stimolato il riscoprimento dell’autore ed i successivi dibattiti tenutisi in questi anni. (Dopo la pubblicazione del libro Domestici Lari lo stesso autore precisa: “Ho scoperto di recente che un solo autore di cronache letterarie meridionali parla di Limpidi come luogo di nascita del Salimbeni; si tratta di Camillo Minieri Riccio nelle ”Memorie Storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli”, Napoli, 1844.“(3) ).
Bisogna aggiungere che Antonio Tripodi, nel suo libro In Calabria Tra Cinquecento e Ottocento (Jason Editrice Reggio C. 1994) nella nota 134 di pag. 56, cita: “Il notaio-poeta Pier Giovanni Salimbeni era nato a Limpidi (ora frazione del comune di Acquaro in prov. di Catanzaro) nel 1721 e verso il 1745 si era trasferito a Dasà, dove ricoprì per alcuni anni l’ufficio di razionale della confraternita dell’Immacolata”. ed alla nota 135 “Il Salimbeni soggiornò sia a Napoli che a Catanzaro”. Ancora nella nota 195 di pag 249 cita: “Il notaio-poeta Piergiovanni Salimbeni, nato a Limpidi (ora frazione di Acquaro) nel 1721, morì a Dasà nel 1792”(4)
Recentemente (2007) il dr Vincenzo Farina, esperto cultore di storia dei monaci basiliani, ha scoperto esservi presso una libreria antiquaria fiorentina un altro libro di Pier Giovanni Salimbeni, una traduzione dell’Ulissea di Omero. Testualmente ci conferma: “Ho trovato l’appunto sul libro di Salimbeni: si tratta di una copia dell’Ulissea (sic !) di Omero tradotta, come sai, dal Nostro con aggiunta una “cantata” intitolata “Lo Scudo di Enea”. Si trova, in effetti, presso una Libreria antiquaria di Firenze (di cui preferisco, al momento, omettere il nome) ed è descritta come “esemplare alluvionato con varie macchiette nel testo”.. Si riferisce, sicuramente, al famoso alluvione che colpì Firenze negli anni 60 e che, in qualche modo, ha colpito …anche Dasà !”
Il 9 marzo 2010 abbiamo pubblicato un volume sul Salimbeni la cui copertina mostriamo di seguito. Cliccare sulla foto per maggiori informazioni dove reperirlo.
Deduzione dal disegno Poerio sulla data di nascita del paese di Dasà
Nel disegno del Poerio in basso si possono vedere i confini dello Stato di Arena nell’anno 1450.(5) Nei confini dello Stato, che si estendeva da Stilo fino a Mileto, è compreso fra gli altri comuni anche il paese di Dasà e ciò starebbe a dimostrare, se non è una svista dell’autore, l’esistenza di un qualche documento, letto dal Poerio, che riporta il nome del paese di Dasà in data antecedente al 5 luglio 1466(6).
***
Cenni storici su Dinami
Dinami dal greco “Dinamis” che significa “forza” “potenza” in riferimento ai due fiumi che scendono impetuosi dalle montagne che un tempo muovevano le macine dei mulini e dei frantoi quando ancora non c’era la corrente elettrica e di cui ancora si conservano i ruderi. Nel 1603 la chiesa di San Michele Arcangelo apparteneva alla diocesi Mileto. Dinami per alcuni decenni era sorto come “Casale di Soreto”, piccolo centro sito della valle del Marepotamo dove ancora oggi si possono ammirare i ruderi di un antico convento francescano costruito per alcuni da San Francesco di Paola, per altri dal Beato Francesco di Zumpano (CZ) dell’ordine Agostiniano e finanziato dal Conte Conclublet di Arena nel 1490. Nel 1600 Dinami contava 120 famiglie. Nel 1783 Soreto fu rasa al suolo da un terribile terremoto e gli abitanti si trasferirono altrove. Nel 1806, durante il periodo napoleoinico, fu abolito il sistema feudale e Dinami con 1076 abitanti fu riconosciuto comune e gli furono aggregati i casali di Melicuccà con 481 abitanti e quelli di Daffinà con 85 abitanti. Nel 1860 sorse la frazione di Monsoreto per opera dell’avvocato Paolano Scarano, un ricco signorotto del paese. Dinami anticamente apparteneva al territorio della Locride, cioè quelle fasce di terre che partendo da Gerace, attraversava le Serre e arrivando fino a Rosarno. Si pensa però che Dinami sia sorto in epoca bizantina. Dinami è un comune compreso nel circondario di Vibo Valentia, si trova nelle pendici occidentali del monte Crocco alla sinistra del fiume Marepotamo a 300m. circa sul livello del mare. Nella parte alta del paese dove oggi sorge il palazzo municipale, il marchese Andrea Arduino alla fine del 500 aveva iniziato la costruzione di un castello il quale, a dire di storici che ebbero la fortuna di visitarlo prima che il terremoto del 1659 lo distruggesse era uno dei castelli più belli e confortevoli della Calabria, fornito anche di una vasta ed addobbata sala di rappresentazione. Durante il governo degli Arduini in Dinami sorsero mulini, trappeti, gualchiere e battendiere. Sviluppata pure l’industria della concia delle pelli, per cui Dinami fu citata da Gabriele Barrio come uno dei massimi centri della Calabria per tale industria. Celebri, di Dinami vi erano sette chiese o cappelle. La chiesa parrocchiale di Dinami appare col titolo di San Michele Arcangelo Patrono del paese, 1310. Conserva un crocifisso ligneo del 400 di tipo bizantineggiante e una statua della Madonna del Rosario di Domenico De Loreno. I De Lorenzo erano celebri “santari” dei quali il più famoso fu Domenico(1742-1812); a lui sono attribuite molte opere settecentesche della piana. La chiesa aveva due cappelle o altari: del SS. Sacramento e di San Francesco da Paola. Chiesa del SS. Nomo di Gesù. Volgarmente detta “Lu Domini Jesu”. Era ubicata nella parte alta di Dinami, lungo la strada provinciale che fu costruita nel 1884 e vi passò davanti allo sbocco di via Roma. Ad essa l’università (comune) di Dinami doveva un censo bollare di ducati 0,12. Chiesa di san Pasquale Baylon. Fu fondata dal “magnificus” Scipione Crocenti che è stato sindaco di Dinami nel 1744. Sposato con Antonia Fogliaro ebbe tre figli un sacerdote di nome Nicola. Di questa chiesa era cappellano Giovan Battista Crocenti di Gregorio, nipote dell’arciprete di Dinami, Don Maurizio Fini. Non esiste più la statua di San Pasquale che risultava negli antichi inventari della parrocchia. Chiesa di Santa Maria del Soccorso. Sorgeva nell’attuale Piazza Trento e Trieste. Aveva tre cappelle o altari: Santa Maria del Soccorso; della Concezione e Sant’Anna. Agli inizi del seicento c’era la confraternita di Santa Maria del Soccorso. Chiesa di San Rocco: Un tempo era fuori dall’abitato, con tre cappelle e altari: San Rocco; SS. Annunziata di patronato della famiglia Sodero e la SS. Trinità della famiglia Scaramuzzino. Questa chiesa è menzionata in una relazione sul terremoto del 5 novembre 1659 per essere stata gravemente danneggiata. Chiesa o oratorio di Santa Maria della Pietà: Doveva trovarsi accanto alla Chiesa di San Rocco, in seguito fu denominata dell’Addolorata. Fino a pochi decenni orsono vi era collocata la Statua della Madonna della Pietà. Fu sede della Confraternita della SS. Trinità presso la quale era costituito il cosiddetto Monte delle Messe. Gli associati che versavano dodici di grana all’anno avevano diritto alla celebrazione di dodici messe in suffragio oltre alla cera e all’accompagno funebre da parte dei Confratelli. Chiesa e oratorio del SS. Sacramento: L’oratorio esiste ancora e si trova vicino alla Chiesa Madre. Fu fatta costruire dalla confraternita del SS. Sacramento che vi teneva i pii esercizi. La Confraternita risulta già costruita ne 1738. Pare sia stata fondata da un sacerdote di nome Fratto. In un manoscritto del 1797, posseduto dall’archivio Parrocchiale, si legge, sul frontespizio: “Venerabile Congregazione della terra di Dinami eretta col titolo del SS. Sacramento da un dev. Sacerdote Fratto”. È tutt’ora visibile un bell’affresco dipinto su muro che ritrae Gesù e la Samaritana al pozzo di Sichar. Chiesa di S. Maria della Catena: Nella prima metà del seicento e precisamente nel 1605 è stato fondato, in Dinami, un convento sotto il titolo di S. Maria della Catena, affidato ai frati minori conventuali, annesso alla chiesa omonima. Il Convento era unito alla chiesa della Catena che per tale motivo era detta “ la chiesa del Convento”. La sua costruzione era ubicata nel pianoro che sia allarga a ridosso del Santuario, in contrada Castellammare. A poco a poco il convento rimase disabitato e andò in rovina e fu adibito a Cimitero, unico per i tre abitati: di Dinami, Melicuccà e Monsoreto. Di esso non rimase nessuna treccia e venne dai posteri completamente ignorato; se ne sarebbe perduta anche la memoria se non fossero rimasti i documenti a ricordarlo. In questa chiesa vi si trovano tre cappelle, una universale e due di giuspatronato: 1. Cappella sotto il titolo di Sant’Antonio di Padova.
2. Cappella sotto il titolo di San Nicolò, c’era l’altare Maggiore di giuspatronato degli Ecc.mi Sig.ri Caracciolo marchesi di Arena.
3. Cappella di S. Anna, di giuspatronato della famiglia Nugnoz.
Il culto alla Catena proviene della vicina Sicilia. Si narra infatti che “tre disgraziati” senza colpa erano stati condannati alla pena di morte e mentre venivano condotti in piazza dove sarebbero stati decapitati, si scatenò un tale uragano che le guardie con gli incatenati dovettero rifugiarsi nella piccola chiesa di S. Maria del Porto. Quando il temporale finì, le catene dei tre condannati erano miracolosamente spezzate. Questo fatto non segnò l’origine del culto della Catena che esisteva già ma solo nel tempietto che fu fatto costruire in quel luogo e che da quel tempo prese il nuovo nome. L’episodio contribuì a diffondere il culto a questo titolo mariano e, stante il movimento dei mercanti e intercettatori di olio, vino e seta tra le due sponde dello stretto e farlo pervenire anche nelle nostre contrade e ad affermarsi particolarmente in Dinami. E in Dinami dovette accadere qualche particolare vicende che oggi non siamo in grado di precisare che segnò l’origine del pellegrinaggio che tutt’ora si compie al nostro Santuario da fedeli provenienti da vari paesi della Calabria. La presenza di pellegrini alla chiesa della Catena risale almeno a partire dalla seconda metà dell’ottocento come ci racconta nella monografia di Taccone – Gallucci, dove è detto: << La solenne festa della Catena>> si celebra nella seconda domenica di luglio con grande concorso di devoti che si recano in pellegrinaggio da molti paesi fino alla notte precedente la festa e si accampavano tra gli oliveti che fanno corona al Santuario. Lo storico Taccone-Gallucci affermava che la statua della Madonna della Catena che si trova nel Santuario a Lei dedicato è opera dello statuario Domenico De Lorenzo, nato a Garopoli nel 1812. È uno dei due figli più illustri che vanta Garopoli accanto a Domenico Cavallari, giurista (1724-1781) entrambi distintesi in due diversi campi: l’arte e la giure. La statua come tutte le opere di questo scultore è effigiata in legno di tiglio che il De Lorenzo ricavava, da una sua proprietà detta “La longa”. In realtà più che di una statua, si tratta di un gruppo statuario, in cui la Vergine, in piedi, nella maestà della sua grazia e col volto soffuso da un indicibile incanto, regge, con la sinistra, il bambino Gesù, mentre con la destra solleva con la Catena un piccolo schiavo che sta in ginocchio ai suoi piedi, con il volto atteggiato ad implorazione verso la Virgo potens et clements; la cui potenza è fatta tutta di clemenza. Secondo Ferdinando Sciomà la chiesa della Catena viene settima tra quelle esistenti in Dinami alla fina del settecento. In quegli anni subì un periodo di abbandono e venne interdetta ipsojure. La chiesa venne ristrutturata ai primi dell’800, ma fu all’inizio del secolo scorso che il santuario anche grazie alla mano del sacerdote Giuseppe Scidà, ebbe una sostanziale rinascita. Nel 1956 Monsignore Vincenzo De Chiara, vescovo della Diocesi di Mileto, elevò l’allora chiesa a santuario e ospitava i riti sacri solamente nella ricorrenza della festa nella seconda domenica di luglio. Si ha una rinascita del santuario allorchè Don Agostino Zangari, stravolgendo gli usi e le consuetudini del tempo che prevedevano la presenza della statua della Madonna all’interno del santuario solo nei giorni festivi, prese una decisione innovativa che diede una nuova luce al santuario. Egli infatti, nel 1983 decise di trasferire la statua della Madonna dalla chiesa matrice al santuario a Lei dedicato dove sarebbe rimasta stabilmente fino ai nostri tempi. In questo modo sarebbe riuscì a rendere il santuario della Madonna della Catena un luogo di culto vitale ed accogliente grazie alla presenza della statua della Beata Vergine. La celebrazione della festa della Catena risale alla metà dell’ottocento. Molti sono i devoti che accorrono da vari paesi in pellegrinaggio. Ancora oggi sono numerosi (10-15 mila) i devoti che raggiungono il Santuario e diversi sono i gruppi in pellegrinaggio che giungono (nelle notte tra giovedì e sabato della seconda settimana di luglio), a piedi dai paesi vicini. La processione di Maria S.S della Catena a Dinami è particolare e molto suggestiva per un insieme di elementi che la caratterizzano: “vestiti di spini”, “bambini spogliati”, “portatori”, “tamburinari”.
– Gli “spinati”, cioè fedeli che accompagnano a volte a piedi nudi, in processione la statua della Madonna e che per penitenza, per grazia richiesta o ricevuta, indossano un manto di spine legato sopra la testa ricadente sul corpo.
– I “bambini spogliati” sono quei bambini che, durate la processione, vengono denudate dai genitori davanti alla statua della Madonna a cui affidano simbolicamente la loro creatura affinché possa crescere sotto la sua protezione. L’offerta dei bambini nudi e un segno di consacrazione totale che avviene attraverso la donazione dei vestiti dei bimbi denudati, tali vestiti, dopo la festa, vengono riscattati dai genitori i quali fanno un’offerta in denaro dal corrispettivo valora;
– I “portatori” sono devoti che portano a spalla la statua della Madonna della Catena durante la processione. Il loro compito è molto delicato in quanto devono portare con i fedeli la statua di Maria S.S. della Catena attraverso i vicoli stretti e le viuzze tortuose del paese.
– I “tamburinari” sono i suonatori di tamburo ed hanno il compito di annunciare la festa con il suono dei loro tamburi percorrendo le strade principali del paese. Durante la precessione procedono davanti alla statua della Madonna.˙